Non separazione ma #integrazione

Il Vangelo di questa domenica sembra essere una riflessione attuale sul nostro modo di intendere la vita e le relazioni. Il mondo sta diventando lo scenario delle settorializzazioni- in ambito universitario si parla di specializzazioni. Infinità di indirizzi di studi, tante possibilità di scelta. Sembra quasi che non si è moderni se non si introduce qualche specializzazione. Questo discorso, apparentemente chiaro, nasconde un’incapacità dell’uomo di vivere la propria vita in modo integrato e integrale. Abbiamo sempre bisogno di sapere chi sta con chi o contro di chi. Siamo ansiosi di mettere i paletti per distinguere ciò che è mio da ciò che è tuo.
Gesù, il Maestro, operando una formale distinzione tra ciò che è di Cesare e ciò che è di Dio, in realtà vuole invitare gli interlocutori, che pure sono insidiosi, ad operare una scelta di integrazione. Tutto parte dall’origine, dalla base. Non posso suonare un notturno di Chopin se prima non so leggere le note. C’è un’appartenenza unica che dà senso a tutto ciò che siamo, che facciamo e a tutto quello che scegliamo.
Gesù conosce l’intenzione di coloro che lo stanno interrogando, per questo la sua risposta netta quasi ci lascia sorpresi. L’evangelista Matteo, però, con l’artificio letterale dell’introduzione al racconto, mettendoci in guardia dalle intenzioni non buone degli interlocutori, ci invita a saper leggere e ascoltare più di quello che Gesù effettivamente dice. Non si tratta di una mera ed inutile separazione ma di una sostanziale integrazione.
Se vogliamo dare un senso al nostro credere e al nostro operare dobbiamo cercare nell’appartenenza a Dio l’elemento unificante. Non il mio e il tuo ma il nostro. È questa la logica che soggiace nell’esperienza affascinante e avvincente della missione, non un tu da convertire ma un noi da vivere, da“tessitori di fraternità”, come ci ricorda l’odierna giornata mondiale missionaria e come sottolinea papa Francesco nella sua ultima Enciclica “Fratelli tutti”.
Questo dovrebbe essere anche il criterio che dovrebbe spingere la politica e la Chiesa, soprattutto in un tempo difficile come questo, a vivere sapientemente l’integrazione tra ciò che è di Dio e ciò che è di Cesare.

 

Don Antonio Fucci