NASCE IL POLO GIOVANI

INAUGURAZIONE POLO-GIOVANI

29 luglio 2020

Discorso del Vescovo Arturo Aiello

 

Ringrazio Dio, datore di ogni bene, che ci concede di vivere questo momento di grazia che è l’inaugurazione e la benedizione del Polo Giovani della nostra Diocesi, una struttura sognata, sofferta, luogo di comunione e di contrasto, di tempesta… “Tutto ciò che è grande è nella tempesta” scrive Platone ne “La Repubblica” e commenta Heidegger facendo dell’espressione del filosofo antico tema conduttore della sua prolusione all’atto in cui, il 27 maggio 1933, prese possesso come Magnifico Rettore dell’Università di Friburgo. Da quando S. E. Mons. Gerardo Pierro, allora Vescovo di Avellino ideò questa struttura identificandone il luogo, sono passati più di vent’anni che hanno attraversato il ministero di S. E. Mons. Antonio Forte, di venerata memoria, quello di S. E. Mons. Francesco Marino, mio immediato predecessore, cambiando più volte destinazione, progetto, forma. In questi vent’anni ci sono state alterne vicende, momenti di entusiasmo e di forte progettualità che si sono alternati con periodi di stanca e di cantiere fermo, stagioni in cui il Presbiterio e l’intera Diocesi hanno trovato in queste mura motivi di unità e di comunione ed altri in cui questa struttura è stata avvertita come zavorra di cui liberarsi per non affondare. Vanno così le cose della vita, anche della vita della Chiesa che, nel suo cammino per le strade del mondo, non è esente da debolezze e umori altalenanti. È stata nella tempesta questa struttura, non nelle sue pietre, che pure vivono di spinte e controspinte, ma in ciò che significava di volta in volta, negli animi di coloro che con il cemento vi colavano anche sangue, nelle tesi che si scontravano con le antitesi, nei costi alti, nella valutazione delle priorità, nella sempre difficile arte della sintesi che si avvale di ogni parere e pure li supera tutti. Ora, nell’abbrivio di questi ultimi anni, è davanti a noi non come oggetto museale da ammirare, ma come nave da varare.

Ringrazio il Presbiterio della Diocesi di Avellino che ha convogliato le forze e gli sforzi per giungere a questo giorno, il Polo Giovane è uno strumento più per i preti che restano che non per il Vescovo che è un semplice passante, sono grato alle autorità convenute e a tutti voi che con la vostra presenza impreziosite questo momento in un tempo non certamente facile per la nostra nazione, per l’Europa e per il mondo intero. Ringrazio con affetto S. E. il nostro Prefetto, la Dott. Paola Spena, che rappresenta sul nostro territorio lo Stato Italiano, grazie, Eccellenza, per la competenza e la dedizione con cui svolge il suo alto compito e per la simpatia con cui segue la nostra Diocesi e le altre Chiese dell’Irpinia. Saluto il Presidente della Regione, On. Vincenzo De Luca che ci onora della sua presenza e che prenderà la parola, grazie di cuore anche per l’aiuto concreto dato a supporto della conclusione dei lavori al Polo Giovani. Ringrazio il nostro Sindaco Dott. Gianluca Festa, il Vicequestore, il Comandante dei Vigili Urbani Michele Arvonio e tutte le autorità civili e militari che ci onorano della loro presenza. Ringrazio S. E. Mons. Francesco Marino, Vescovo di Nola, Mons. Enzo De Stefano, Vicario Generale della nostra Diocesi, i sacerdoti, i religiosi, i seminaristi e i diaconi presenti.

Da Seminario a Uffici di Curia, dopo alterne vicende, questa struttura Diocesana è stata completata e viene portata a Battesimo come “POLO GIOVANI”… perché? Nel settembre del 2017 in una assemblea di Clero fu deciso dal nostro Presbiterio di offrire uno spazio fisico ai giovani della città e della Diocesi. Era allora in cantiere il Sinodo dei Vescovi sui Giovani, voluto da Papa Francesco, poi celebrato e confluito nella Esortazione Apostolica dal titolo “Cristus vivit”. “Cristo vive –scrive il Papa ai giovani del mondo- e vuole che tu viva e non stia a guardare gli eventi dal balcone del disimpegno e della rassegnazione”, parole forti che vogliono essere l’anima del Polo Giovani nel carnet delle sue iniziative, nelle sue pietre e nell’abbraccio del suo auditorium, nelle sue dodici sale e salette, nella biblioteca, nella sala adibita a museo con annesso laboratorio di restauro, nella cura del verde, nell’attenzione ai particolari, nelle immagini e nei percorsi. La vita scorre nelle vene di tutti noi, ma in modo tutto speciale deve animare i giovani che vi si affacciano sempre più timorosi e, a tratti, demotivati. La fragilità delle nuove generazioni nasce dall’assenza dei padri o da una loro presenza incolore e insapore, spesso ad esse è mancato il sacramento della mano sulla spalla che per secoli e secoli è stata una sorta di investitura, la consegna del mondo in cui entrare con responsabilità e creatività, una sorta di passaggio del testimone tra generazioni diverse che condividono il bene dell’essere al mondo. Quando noi adulti o anziani lamentiamo la debolezza dei giovani accusiamo le nostre latitanze in snodi difficili e solenni delle loro vite in cui siamo stati assenti o poco propositivi. Le devianze sono tante e vanno dal narcisismo all’autodistruzione, (forse Il Presidente non sa che l’Irpinia ha il triste primato dei suicidi) da una adolescenza protratta sine die ad una assunzione del giovane da parte dei genitori che diventano “datori di lavoro” con relativa paghetta come vitalizio, dal bullismo alla depressione, dall’alcolismo alle dipendenze da sostanze stupefacenti o ludopatie. “Cristo vive e ti vuole vivo”, dice il Papa, sfidando le nuove generazioni sul loro stesso campo, e noi facciamo umilmente eco alle sue parole ponendo i giovani al centro della nostra attenzione e della nostra missione. Senza di essi non abbiamo futuro e siamo al capolinea di una civiltà che ha avuto in Occidente, la terra del tramonto, una culla di idee e di strategie, di umanesimi e di felicissime intuizioni sul senso della vita, sul futuro, sulla costruzione della polis dove tutti hanno diritto di cittadinanza. Cristo Gesù, sembra dire tra le righe il Papa Francesco, non è nemico, ma amico della vita, sostenitore, eccitante e non oppio, in Lui ogni uomo, soprattutto nella grazia luminosa della giovinezza, può trovare un supporto, un aiuto, un amico, un maestro, un faro, una stella cui guardare per non perdersi nella notte come la stella cometa che visita in questi giorni il nostro cielo e traccia una rotta, apre un cammino. Questa la situazione dei giovani già prima della pandemia, assenza di lavoro e di speranza, condanna all’esilio e conseguente depauperamento delle nostre terre, ma ora il Covid-19 è venuto a rimandarci in maniera esponenziale le cifre già drammatiche della galassia-Giovani.

 

Il Polo Giovani non ha la presunzione di risolvere problemi annosi e che chiedono tavoli sempre più ampi di concertazione, ma desidera proporsi come laboratorio di futuro, non luogo protetto per isole felici, ma ponte di dialogo con le istituzioni e le famiglie, non solo come luogo ideato dalla Chiesa Madre e Maestra, ma anche come agorà dove tutti possano trovare ascolto ed accoglienza a qualsiasi orizzonte culturale e religioso appartengano, non solo come punto di incontro dei gruppi e delle associazioni giovanili di lunga tradizione e fede ecclesiale, ma anche come spazio per fare musica, sport, teatro, danza e per individuare, in dialogo con i poli universitari e l’imprenditoria, nuovi orizzonti di lavoro tutto da inventare.

“Perché le cose accadano ci vuole un luogo”: prendo in prestito questo slogan dall’Università Cattolica del Sacro Cuore che lo coniò qualche anno fa per un suo anniversario di fondazione. Perché le cose accadono ci vuole un luogo, uno spazio delimitato, un abbraccio di pietre e di storia, un respiro condiviso, un’intesa di sguardi, è questo ciò che rende uno spazio anonimo “casa-Home”, un luogo sacro dove raccontarsi la bellezza e la fragilità del vivere, dove poter ridere e piangere, dove avere figli e dunque futuro. I nostri spazi comuni, quelli delle nostre città e dei nostri paesi rischiano di diventare luoghi-non luoghi, piazze e vie, plessi scolastici e universitari, palazzi delle istituzioni (chiese comprese) non vissuti, magari vandalizzati, uteri iperacidi dove i sogni non attecchiscono e le cose non nascono e non cantano. “A me piace sentire le cose cantare” scriveva il grande poeta Rilke.  Se ci vuole un luogo per l’accadere delle cose, amiamo sognare (“I have a dream”) che in questo luogo amato, progettato, cullato, sofferto, possano accadere segni e sogni, propositi e ideali per uomini liberi e forti, possano nascere ideali di umanità, di civiltà, di spiritualità, legami di amicizia e relazioni feconde oltre l’ingannevole spazio virtuale. Perché le cose accadono ci vuole un luogo, da un anno al Polo Giovani è unito il Parco Palatucci come polmone verde e, tra non molto, rivalorizzato e riconsegnato anche nelle sue strutture sportive. È l’esempio di uno spazio vandalizzato, sfigurato, divenuto non-luogo, che per amore della Diocesi è restituito alla città come luogo da abitare e da gustare, da visitare, da umanizzare ulteriormente. Non bastano gli spazi ci vogliono i luoghi, è uno spazio anche una discarica o un quartiere depredato e degradato, perché uno spazio divenga luogo ci vogliono architetti di umanità che facciano sgorgare acqua dalla roccia, lacrime dalle statue, sorrisi dalle aiuole, respiro dagli alberi. Gli spazi si dimenticano, i luoghi si ricordano, entrano nella storia.

Ringrazio di cuore Papa Francesco che qualche giorno fa, informato di questo momento da un prete della nostra Diocesi, ha scritto di suo pugno (in termini tecnici si chiama “chirografo”) un augurio e una benedizione per noi e per quanti abiteranno il Polo-Giovani negli anni avvenire. Il Papa ha scritto:

Nel giorno de la Inaugurazione del Polo Giovani,

 invio a tutti voi la benedizione.

 Siate bravi!! e pregate Per me. Fraternamente.

Francesco.

Grazie, Padre Santo, per la Sua graditissima e insperata benedizione e per lo sguardo che ha stasera su di noi e sui nostri giovani. Grazie!

 

 

A lei, Onorevole Presidente De Luca, al suo cuore di uomo appassionato dell’arte di costruire la Polis, affidiamo questi nostri sogni e quelli dei nostri giovani. Deponga per un attimo il suo mitico lanciafiamme e faccia una carezza ai giovani di questa città che vivono un deficit di futuro e di speranza. Attraverso di essi giunga a tutti i giovani dell’Irpinia, non sia una carezza che lega, ma che collega a un passato e a un futuro, non sia paternalistica, che mantiene le distanze e celebra la sottomissione, ma paterna, che conduce i figli sulla soglia di casa o al confine e li lascia… partire, non sia solo consolatoria ma di incitamento perché siano essi stessi a capo di una pacifica rivoluzione, non più gregari o portaborse, ma capi e condottieri di una buona rivolta che ridisegni il presente e il futuro dell’uomo su questo nostro pianeta martoriato eppure con ancora tanto fuoco nascosto nelle sue viscere. La stella cometa Neowise che in questi giorni guarda dall’alto il nostro pianeta, sia, come a Natale, un segno di benedizione, un segnale di partenza, celebri la voglia di rimetterci in cammino, di mischiare le carte per tornare a giocare, di preparare daccapo lo zaino per trovare o ritrovare l’uomo, tutto l’uomo, ogni uomo. E sarà, come per i Magi, non solo trovare l’uomo, ma trovare o ritrovare Dio stesso. A Lui che in tutto ha potere e può operare al di là di ogni nostro desiderio e di ogni merito, onore e potenza, in terra e in cielo, nel tempo e nell’eternità per tutti i secoli dei secoli. AMEN.

 

 

 

 

PREGHIERA di BENEDIZIONE

Polo Giovani 29 luglio 2020

A Te, Padre Santo, è consacrato questo luogo-umano

su cui invochiamo la tua benedizione:

Benedici le pietre, ma soprattutto i giovani che lo abitano

e che in futuro vi troveranno dimora, rifugio, l’abbraccio della Chiesa.

Fa che sia per essi un porto da cui partire verso il largo e a cui tornare,

una pista di lancio per ideali ed ali non di cera,

un tavolo dove condividere il pane dell’amicizia

e le rose dell’arte e della cultura,

una piazza aperta, una porta spalancata, un crogiuolo di futuro.

Allarga l’orizzonte dei sogni e dei bisogni dei nostri giovani,

liberali dal cancro asintomatico della rassegnazione,

accresci nei loro cuori ideali alti per sé e per gli altri

perché non sciupino la grazia grande che è la giovinezza.

Rendili innamorati e non schiavi della libertà

con la coscienza chiara che liberarsi è legarsi e collegarsi.

Cristo Gesù, eterna giovinezza dell’umanità,

sia pungolo per i loro progetti di piccolo cabotaggio

e li innamori del Vangelo del Regno

per cui sacrificare ogni egoismo in vista delle cose che non passano mai.

Egli è Dio e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo

Per tutti i secoli dei secoli.