Carissimi Presbiteri,
vi raggiungo nelle vostre postazioni parrocchiali come farebbe un capitano in giro per le trincee dove i soldati si preparano alla veglia e alla notte per una parola di apprezzamento e di incoraggiamento.
Innanzitutto: “bravi!” Vedo che siete accanto alle vostre comunità impegnati a sostenere, ad essere di aiuto o semplicemente a “stare come segni” come la chiesa e il campanile. Molti di voi, anche anziani, si sono organizzati per essere presenti con la preghiera, la celebrazione eucaristica e gruppi di catechesi mediante il web: facciamo fiorire la nostra carità pastorale utilizzando ogni strumento perché anche in questo tempo di crisi le persone si sentano pensate ed accompagnate. Resta, per la nostra Diocesi, l’impegno della celebrazione eucaristica privata e delle chiese aperte per la preghiera personale come stabilito nel primo comunicato.
Manifesto la mia vicinanza a Don Luigi Di Blasi che ieri mattina, forse per un eccesso di zelo, ha vissuto una qualche tensione con chi minacciava la denuncia al parroco e a sette fedeli che, mantenendo le dovute distanze, erano presenti per un momento di adorazione. Mentre comprendo l’ansia che sta montando in tutti, mi chiedo se insieme alle farmacie aperte per medicinali e ansiolitici (in forte aumento) non si debba riconoscere alla Chiesa il ruolo di ammortizzatore sociale rispettando chi, con una breve preghiera, passa per le nostre chiese in cerca di conforto. Continuate con lo stesso zelo nel rispetto delle norme vigenti.
In seconda battuta il Vescovo vi dice: Coraggio! Avete riconosciuto nel titolo dato a questa lettera le parole di San Giovanni Paolo II che incitava i preti alla vigilia del Grande Giubileo di venti anni fa. Certo sono cambiate tante cose da allora e se non è un “bel tempo” certamente è un tempo avvincente per essere preti. Ieri il Papa Francesco ci invitava a non essere come Don Abbondio (i richiami a “I Promessi Sposi“ in questi giorni sono tanti soprattutto per le scene della peste di Milano) paurosi, rintanati, senza coraggio e “parresìa”, al contrario presentiamoci come Fra Cristoforo e il Cardinal Federigo, in prima linea, a difesa dei poveri, accanto agli ammalati e agli appestati. La giusta parola d’ordine di questi giorni “State in casa!” è certamente la più semplice e sicura forma di carità, ma ai vostri occhi di pastori non può sfuggire che tante case non sono attici con vista sulla città o Montevergine, ma pochi metri quadrati dove le mura possono essere gabbie e non protezione soprattutto per le tante famiglie in crisi dove fino ad ieri si stava il meno possibile per evitare di farsi male. Insomma non tutte le case (diciamo la verità: poche!) sono come quella del “Mulino Bianco” dove ci si scambia sorrisi e dolcetti a forma di abbracci. Abbiate un’attenzione anche in questo senso perché non manchi l’aria nelle case della vostra parrocchia e non abbia ad aumentare la violenza domestica e la follia già presente in tempi normali.
Un parroco mi ha detto di aver benedetto i suoi fedeli su un sagrato deserto con l’Ostensorio e lo ha fatto in lacrime. Prendete l’abitudine, ogni sera, di tracciare un segno di croce come benedizione per i vostri parrocchiani. Il Vescovo farà altrettanto su di voi e per voi perché le vostre lampade non si spengano in questa notte che passerà: “Gesù ci libererà dalla peste che vaga nelle tenebre” recita il Salmo 90. Pace e Bene!
+ Arturo Aiello
Avellino 16 Marzo 2020